Erano le 11:38 del 28 gennaio 1986, quando lo Space Shuttle Challenger decollò per la sua decima missione dal Kennedy Space Center di Cape Canaveral, Florida. A bordo c’erano 7 astronauti: Dick Scobee, il comandante, e i colleghi Michael John Smith, Ronald McNair, Ellison Onizuka, Gregory Jarvis e Judith Resnik; c’era anche Christa McAuliffe, la prima insegnante addestrata per un volo spaziale, che avrebbe dovuto trasmettere di lì a poco la prima lezione di scienze dallo Spazio. [GARD align=”center”] Non ci arrivò mai: a 73 secondi dal lancio, il Challenger si disintegrò in aria, in seguito al guasto di una guarnizione nel razzo a propellente solido destro che provocò una fuoriuscita di fiamme e il cedimento del serbatoio esterno dello Shuttle, pieno di ossigeno e idrogeno liquidi. La capsula contenente l’equipaggio, rimasta intera, proseguì la sua traiettoria orbitale per schiantarsi sull’oceano 2 minuti e 45 secondi dopo la rottura. Probabilmente, almeno parte dell’equipaggio era ancora vivo al momento dello schianto. Quello che si consumò in quei momenti, in diretta televisiva della CNN, è ricordato ancora oggi come uno dei momenti più bui della storia della Nasa e di quella dell’esplorazione spaziale in generale. Decine di filmati su YouTube ripercorrono gli istanti della tragedia, con una voce inespressiva del centro di controllo di lancio a descrivere l’inevitabile: “Flight controllers here are looking very carefully at the situation. Obviously a major malfunction” (“I controllori di volo qui stanno monitorando molto attentamente la situazione. Ovviamente c’è un grave malfunzionamento”). [GARD align=”center”]
Le rigide temperature della notte precedente il lancio provocarono un guasto alla guarnizione del segmento inferiore del razzo a propellente solido destro. Analizzando i filmati, Feynman notò che appena prima della distruzione dello Shuttle, si vede una fuoriuscita di fumo nero attraverso la giunzione di due segmenti del booster a propellente solido, dovuta proprio a un O-ring difettoso. Il fumo si sarebbero poi levate fiamme, che avrebbero forato il serbatoio esterno a cui il razzo era attaccato e reagito in maniera esplosiva con l’idrogeno in esso contenuto. Non si trattò dunque di una vera e propria esplosione, quanto piuttosto di un incendio avvenuto a centinaia di metri di quota. (Tratto da Focus) [GARD align=”center”]
Visits: 80